Pubblichiamo un bel pezzo dell’amico Massimo Franzin, storico ferroviario, collaboratore della rivista iTRENI - Etr Editrice e autore del bel libro “Zanussi. Sui binari del centenario” (Ed. Luglio).
Si tratta di una bellissimo e coinvolgente racconto della nostra Pedemontana, visto con gli occhi di un romantico appassionato che ripercorre la storia di questa gloriosa ferrovia.
Buona lettura.
Laddove una linea ferroviaria funziona in egual misura come mezzo di comunicazione e di collegamento, di trasporto e turistico, essa è un valore aggiunto nel biglietto da visita di un Paese in cui, grazie a ciò, risulta profondamente radicato un ormai sempre più raro senso civico e dove da secoli, con il lavoro ed il sacrificio d’intere generazioni, si mantiene e si tutela l’armonia tra i popoli e l’ambiente nel sinergetico cammino della vita.
Su questi presupposti si origina la mia considerazione a riguardo di una tra le più pittoresche ferrovie secondarie d’Italia: la Pedemontana friulana, altrimenti nota come Sacile-Gemona.
Tale ferrovia, in tempi recenti, è rimasta vittima dell’indifferenza dimostrata per anni non solo da una classe politica miope dinanzi ad un servizio pubblico, che invero avrebbe dovuto garantire ad elevati livelli di sicurezza e comfort, ma oltremodo anche da flussi esigui di utenza, composti principalmente da studenti e pendolari e raccolti quasi esclusivamente nel periodo scolastico-invernale.
Infine appare centrale la colpa di una quantomeno discutibile gestione, poco avvezza alla promozione di un efficiente ed efficace servizio pubblico commerciale; totalmente sorda, poi, alle innumerevoli esortazioni per voce dei pendolari stessi, a migliorare il misero servizio offerto, nonostante le grandi potenzialità insite nella complementarità tra ferrovia e territorio.
Ebbene, in un “nero” venerdì di luglio del 2012, la piccola ferrovia “cadde” sotto i colpi di un banalissimo temporale estivo, tanto comune quanto beffardo, che fornì il pretesto per la sua chiusura temporanea a quanti, nelle “alte sfere” della gestione ferroviaria, remarono sempre contro l’utilità di questa linea, bollandola come tratta insicura e “non più agibile”.
Accennavo al temporale beffardo. Ritengo senza dubbio doveroso e, consentitemelo, anche ironico ricordare come questa simpatica ferrovia – il cui progetto definitivo fu il frutto dell’unione di ben due distinti tracciati non coevi (il Casarsa-Pinzano-Gemona tra il 1893 ed il 1912 ed il Sacile-Pinzano del 1930) – abbia superato sostanzialmente indenne ben due conflitti mondiali, il periodo “buio” dei tagli operati dalle FS alle ferrovie secondarie nella politica dei “rami secchi” a metà ‘900 ed il drammatico terremoto nel maggio e nel settembre del 1976 per poi capitolare a causa di un piccolo smottamento di terra, conseguenza del temporale.
Nell’era dei computer è ancora la natura che dispone…
La storica Pedemontana, tuttavia, proprio in occasione del terremoto in Friuli, dimostrò la sua innegabile utilità, assumendo un ruolo di primaria importanza nel supportare la catena d’aiuti ai territori e alle popolazioni colpite nei dintorni di Gemona, suo capolinea, ed in tutta la fascia prealpina. In tempi più recenti poi, la tratta, se promossa a dovere, avrebbe di sicuro attirato pendolari della salute in virtù di importanti nosocomi siti nei centri di Aviano e Maniago.
La nascita inoltre di feraci aree industriali e artigianali lungo il pedemonte avrebbe potuto rappresentare uno dei punti di forza della linea, innescando un processo di movimentazione delle merci attraverso un servizio ferroviario dedicato.
Quando seppi della chiusura a “tempo indeterminato” della linea rimasi mestamente avvilito dalle scelte operate dal gestore del servizio; giorni di grande incertezza per le ignote sorti di una ferrovia, patrimonio storico e tecnico di questa Regione.
Un patrimonio, certo, fors’anche un tesoro, perché è di questo che si tratta: la Pedemontana friulana è a tutti gli effetti un tesoro di storia e di tecnica, al pari di altre linee protagoniste indiscusse della costruzione e dell’espansione commerciale del nostro Paese.
Lungo i suoi circa settanta chilometri che da Sacile - confine regionale e frontiera tra un Leone alato ed un’Aquila di chiara natura Asburgica - si inerpicano per il pedemonte portandoci a Gemona, cuore del Friuli, la timida e schiva ferrovia ci offre oggi l’occasione solamente per un viaggio pindarico, dove il trenino, ormai mosso dalla nostalgia, corre sui binari dei nostri sogni.
Da sempre la Pedemontana ha rappresentato per me l’essenza della gita in treno.
Una piccola quanto allegra “littorina” che fin da fanciullo mi ha accompagnato a conoscere l’ignoto, “sorvolando i baratri, a divorare i piani” come scriveva il Carducci.
Un tortuoso e solitario binario, capace di arzigogoli e arabeschi tra la pianura e i monti; una forma di vita alla natura pressochè sconosciuta, che fischia per comunicare e sferraglia quando si muove; un “Virgilio” moderno nel girone delle soppressioni, capace di condurmi alla mèta tra forre e pianori, boschi e campi, attraverso “antri incogniti, per vie profonde”, oltre fiumi e torrenti a lambire chiese, laghi, castelli e cascate.
In questo Friuli le cui bellezze sfiorano l’iperuranio, vorrei poter essere ancora una volta un viaggiatore antico, affacciato al finestrino di un vecchio treno, rapito dal silenzio di una cheta pianura che degrada al mare, incantato dallo scorrere di un paesaggio che in alcune Confessioni, un Italiano definì “compendio dell’universo”…
Addio cara, dolce, vecchia ferrovia!
Una solitaria nostalgia muove i miei sguardi su quegli amati binari ormai abbandonati tra acacie, ontani ed aceri campestri.
Nostalgia, già. Questo vagìto nato da un ricordo felice riesce nondimeno a ridestare la forza di combattere per un ideale, ovvero la salvaguardia di un patrimonio che come accennavo, assume oggi i connotati di un vero tesoro storico e tecnico. Questa ferrovia infatti, sopravvissuta ad un ‘900 infausto, possiede ancora, se riconsiderate, tutte le necessarie infrastrutture atte a fornire un importante servizio pubblico di trasporto, fors’anche solo di carattere turistico.
Come è già accaduto per altre “sfortunate” linee del Belpaese, snobbate dal traffico passeggeri e per questo poi chiuse - che hanno recentemente trovato nuova vita grazie al sempre più diffuso turismo ferroviario, merito di una promozione a tal fine operata da numerose associazioni e club spesso privati - ecco la grande possibilità di veder risorgere la vecchia Pedemontana.
Anche se “possibile” non significa probabile ma solo che “non è impossibile”, la nascita di un organismo come la Fondazione FS (nata per la tutela e la salvaguardia del patrimonio storico e tecnico delle nostre ferrovie) ha certamente dato una spallata vigorosa a quella logorante “guerra di trincea” che dal 2012 teneva in stallo la vicenda della Sacile-Gemona, soggiogandola ai continui ritardi di una politica superficiale, indugiante e distratta.
Un sicuro merito invece deve essere attribuito ai Comitati di pendolari ed appassionati, che si sono battuti con forza ed entusiasmo per il ripristino della linea.
Ricordo la bella staffetta “Trenitaglia ridacci il nostro treno!” ma anche le mostre, i convegni, i racconti pubblicati e gli innumerevoli articoli che ogni settimana, da quel luglio 2012, compaiono sui nostri quotidiani.
L’azione di sensibilizzazione, protratta da chi si è sempre schierato dalla parte della Ferrovia, oggi comincia a dare i suoi frutti e la tempestiva “missione” del dr. Andrea Palese - storico rappresentante del Comitato pendolari Alto Friuli e da sempre in prima linea per il ripristino della linea Pedemontana -, tra i ranghi della Fondazione FS onde ottenere appoggi e consensi, è compiuta.
La Ferrovia Pedemontana, per effetto di un progetto di Legge e per l’attenzione e l’interessamento del direttore di Fondazione FS Ing. Luigi Cantamessa, è stata inserita nel blasonato elenco delle linee ferroviarie di interesse storico ed annoverata nel programma turistico “Binari senza tempo”, con buona pace dei pessimisti, a sollazzo di chi invece non ha mai smesso di crederci. Scacco matto!
Scacco ai politicanti inconcludenti, ai detrattori, a tutti coloro che pur non partecipando ad alcuna iniziativa volta alla conservazione e al rilancio della linea perché non motivati o perplessi sul suo incerto futuro, ora cercano di salire senza merito sul carro dei vincitori. Ora appare cristallino, loro malgrado, a chi dare il merito di questo degno quanto insperato traguardo.
La mèta è ormai molto vicina. Strada in salita, certo, ma percorsa da persone stoiche, audaci, finanche caparbie; persone di cui se è vero che hanno agito non solo per passione e con passione, è altrettanto vero che continuano a battersi in nome di un bene comune, di un servizio al cittadino, per la nobile causa di non gettare nel nulla dell’indifferenza e dell’ignoranza ben più di un secolo di storia civile, locale, ferroviaria.
L’impegno a ciò, sotteso nei primi, difficili anni, appare oggi condiviso da cittadini e pubbliche amministrazioni, da appassionati e da addetti ai lavori, uniti dalla tamburellante opera di coinvolgimento protesa negli ultimi cinque anni e diretta ad elicitare curiosità e consapevolezza negli uni e negli altri, volti a raggiungere in accordo l’ormai annunciata riattivazione della linea.
Sulla ferrovia Sacile-Gemona si sono scritte molte pagine di storia ed in tempi più recenti anche di cronaca. Dal dr. Romano Vecchiet a Cesare Bortotto, da Marco Cantini a...chissà.
Forse la vecchia ferrovia del pedemonte attende ancora qualcuno che parli delle sue vicende, che ne riscriva ancora la storia o che ne cominci una completamente nuova.
Massimo Franzin
iTRENI - Etr Editrice
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