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sabato 22 aprile 2017

Da Acquasanta sino a Manarola le stazioni "riciclate" in Liguria

Pubblichiamo un vecchio articolo del 4 febbraio 2016 a firma di Erica Manna, apparso su Repubblica - edizione di Genova.
Il pezzo risulta ancora molto attuale e testimonia come in Liguria sono riusciti a "convertire" le stazioni non più presenziate, destinandole ad altre attività sociali, ricreative, turistiche.
Nella stazione di Cornigliano, il transito c'è ancora: ma non sempre per partire.
Qui ci sono solo arrivi: di persone che trovano un pasto caldo, la doccia, anche il dentista. Sembra una casa qualsiasi, se non fosse per le finestre che affacciano sui binari. E una casa la era, in effetti: l'appartamento dove dormivano i ferrovieri.
Dal 2006, l'associazione Soleluna ha preso in comodato d'uso lo scalo fantasma, trasformandolo in una mensa da 60 posti che distribuisce 20 mila pasti all'anno. E, piano piano, ha sistemato le altre stanze al primo piano e aggiunto le docce, la lavanderia, persino lo studio dove un medico di base e un dentista, due volte a settimana, visitano gratuitamente chi non può permetterselo.
Il contratto di comodato d'uso gratuito con il Gruppo Ferrovie dello Stato - Rete Ferroviaria Italiana, che concede per sei anni a enti e associazioni l'uso dei locali in cambio di manutenzione, messa in sicurezza e pulizia, a Cornigliano è in attesa di rinnovo: «Vorremmo chiedere altri locali al piano terra della stazione, dove c'erano biglietteria e sala d'aspetto – spiega Paola Dameri, presidente di Soleluna – perché i bisogni crescono, solo l'anno scorso abbiamo offerto 600 prestazioni dentistiche gratis».
Eccola, la seconda vita delle stazioni rimaste "impresenziate", il termine tecnico usato da Trenitalia per definire i piccoli scali abbandonati dove le nuove tecnologie hanno spazzato via le vecchie biglietterie e reso inutile il personale sul posto: 1700 in tutta Italia, 40 solo in Liguria.
Un patrimonio immobiliare, solamente nella nostra regione, che vale 5,6 miliardi di euro per i locali delle stazioni e 3,5 per gli appartamenti, per un totale di 13.700 metri quadri. Che sarebbero lasciati ai vandali, ai topi, alle sterpaglie. E invece. Oggi, in Liguria sono 45 i comuni che ospitano 71 contratti di comodato, tra terreni e fabbricati di Rete Ferroviaria Italiana. Molti sono scaduti, in trattativa e in attesa di rinnovo.
A Borghetto Santo Spirito i locali nel fabbricato della stazione sono usati come ufficio informazioni turistiche.
A Campo Ligure ci sono gli uomini della Guardia Forestale, Isola del Cantone è sede di associazioni no profit, a Mele nell'ex magazzino merci ha trovato spazio la Protezione Civile.
E poi ci sono Riomaggiore e Manarola, dove i locali dismessi delle stazioni sono diventati punti di informazioni turistiche, e Santa Margherita. E ancora: a Celle, la centrale operativa della Croce Rossa ha sostituito la vecchia biglietteria garantendo un presidio 24 ore su 24 con i volontari, e vicino all'entrata uno spazio è stato destinato alle ambulanze.
Per gestire questi spazi vuoti e farli rivivere non esistono bandi. Sul sito web di Ferrovie dello Stato, il file ha un nome evocativo: "Adotta una stazione".
Le regole sono semplici: basta prendere contatto con gli enti locali, o inviare alle direzioni territoriali competenti di Rete Ferroviaria Italiana la propria richiesta. Precisando finalità sociali, risorse finanziarie previste, ricadute sul territorio ed eventuali partner istituzionali o privati. Non sempre il progetto in Liguria è andato a buon fine: perché il rischio è che le stazioni vengano richieste a scopi privati. Come magazzini a costo zero, «e in questi casi vengono abbandonate due volte - spiegano da Rfi – e noi ci troviamo con le mani legate dal contratto e ci costretti a procedere comunque alla pulizia e alla manutenzione».
Al momento, le stazioni ancora disponibili in Liguria sono pochissime: la sala d'attesa di Genova Pegli, atrio, biglietteria e magazzini di Genova Acquasanta, Genova Granara, e poi due sale d'attesa ad Alassio, alcuni locali di Imperia Porto Mauruzio e di Riva Trigoso.
In attesa di transiti che, un secolo fa, nessuno poteva prevedere.

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