Dai servizi ai viaggiatori ai viaggiatori senza servizi.
Ormai per aspettare un treno ci vuole un fisico bestiale. L'ondata di gelo siberiano che nei giorni scorsi ha sferzato l'Italia da Nord a Sud ha messo a nudo la filosofia che sta dietro alla cosidetta riqualificazione delle grandi stazioni. Niente più sale d'aspetto. Gli scali ferroviari sono destinati a trasformarsi in altrettanti centri commerciali. Dove o si è consumatori o non si esiste.
Non basta nemmeno aver pagato un biglietto per aver diritto a un riparo, se non confortevole almeno riscaldato.
Risultato: donne, bambini e anziani che si aggirano come pinguini infreddoliti tra una libreria e una parafarmacia, tra un negozio di intimo e una boutique di Delicatessen. In attesa di conquistare qualcuna delle sedie sparse negli atri ventosi, nei forum cadenti.
Qualcuno dice che il modello sono gli aeroporti, con i loro spazi d'attesa diffusi. Piccolo particolare, da non trascurare, gli aeroporti sono luoghi chiusi e climatizzati.
In realtà l'odiessea quotidiana cui è condannato l'utente ferroviario medio è la metafora di un fenomeno sociale molto più generale. La cannibalizzazione di tutti gli spazi collettivi, considerati ormai ingestibili, ingovernabili, improduttivi. Spese da tagliare. Poco importa il costo umano. Business is business.
ma se il nostro densista eliminasse la sala d'aspetto cosa penseremmo di lui? (Articolo di Marino Niola pubblicato su Il Venerdì di Repubblica del 17.02.2012).
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